Parlare di disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia, è rischioso. Si finisce troppe volte per cadere in luoghi comuni e ridimensionare la drammaticità del problema accostandolo principalmente al mondo della moda e delle modelle. Purtroppo i disturbi alimentari, di cui soffrono circa 3 milioni di italiani, nascondono problematiche ben più serie e complesse che coinvolgono profondamente la sfera emotiva dell’individuo. Non sono “manie” passeggere, ma patologie vere e proprie che nel tempo possono causare gravi danni all’organismo e portare anche alla morte.

Ad essere le più colpite sono le donne (circa l’85 %) benché dati recenti dimostrino che sono in aumento i casi riscontrati nella popolazione maschile. Spesso alla base di questo rapporto tormentato con il cibo e con il proprio corpo, vi sono storie di abusi, maltrattamenti, abbandoni, ma i disturbi alimentari possono insorgere anche senza aver subito un trauma specifico. Ad ammalarsi sono soprattutto i soggetti più sensibili, introversi, animati da un perfezionismo estremo e dalla paura costante di deludere le aspettative altrui. Di conseguenza, queste persone fanno fatica ad accettare i propri limiti e a relazionarsi con il mondo, ma non riuscendo ad esternare tale conflitto interiore, sfogano il disperato senso di inadeguatezza e l’incolmabile bisogno d’amore nell’ossessione per il cibo.

Il cibo diviene la valvola di sfogo di un male interiore che “grida” in silenzio fra digiuni e abbuffate, mentre il corpo, percepito in maniera sfalsata davanti allo specchio, appare loro come una tela dove ritrarre nitidamente il proprio dolore…

L’età più delicata è sicuramente l’adolescenza, che rappresenta un difficile periodo di transito durante il quale ci si sviluppa fisicamente e si elabora la propria identità di adulti.  (Negli ultimi anni però si è constatata la crescita di tali patologie già nei bambini in età prescolare).  Spesso la gravità del problema non viene compresa immediatamente dalla famiglia, anche perché chi soffre di tali disturbi non vuole riconoscere di avere un problema (tantomeno curarlo!) e tenta in tutti i modi di nasconderlo, specialmente a se stesso.

E’ importante dunque, come primo passo, cercare di aiutare queste persone a prendere coscienza della propria situazione e ad aprirsi con qualcuno che sia in grado di ascoltarle e comprenderle. Parlare dei propri problemi aiuta ad esorcizzare la paura, la vergogna, il soffocante senso di solitudine che attanaglia chi vive situazioni così sofferte…

A me ha aiutato molto la scrittura. Ho raccontato la mia esperienza personale legata ai disturbi alimentare e alla depressione nel libro “Il filo di Arianna”.  (di cui ho pure disegnato la copertina). Mi ha aiutato scriverlo, questo libro, ed ha aiutato anche altre persone che, leggendolo, si sono sentite meno sole. Una profonda condivisione di stati d’animo sul filo della parola scritta che ancora oggi mi rende molto orgogliosa e fiduciosa!

Quando il rapporto con il cibo diventa bisogno d’amore
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