Oggi, 28 maggio, tutte le scuole italiane festeggiano con un flash mob i 200 anni de “L’Infinito”, la più celebre poesia di Giacomo Leopardi. Nel 1863, quarantaquattro anni dopo la lirica leopardiana, Emily Dickinson scrisse una meravigliosa poesia, attraverso la quale lei stessa, come Leopardi, si confrontava con il concetto maestoso, a tratti pauroso, di “Infinito”…

Ma in Emily il cuore “non si spaura” di fronte tale rivelazione e non c’è nessuna “siepe” oltre la quale volgere lo sguardo. I suoi versi ispirano con audacia la visione atemporale di un mare che va scomponendosi in altri mari “non visitati da riva”.

“Mari senza riva” che rimandano agli “interminati spazi” di Leopardi e dove l’Eternità non è un concetto astratto, ma il vissuto dell’anima finalmente presente a se stessa…qui, ora e per sempre.

Così “sovvien l’eterno” nel cuore di Leopardi, mentre scrive i versi di una poesia che è essa stessa una “attestazione di infinito” (direbbe Emily), mentre agli occhi della Dickinson l’Eternità si fa reale quando, a fine poesia, sancisce con tono solenne: “Questo – è l’eternità”.

“Come se il mare separandosi
svelasse un altro mare,
questo un altro, ed i tre
solo il presagio fossero
d’un infinito di mari
non visitati da riva −
il mare stesso al mare fosse riva−
questo è l’eternità.”

(Emily Dickinson – Traduzione di Margherita Guidacci)

Leopardi e Dickinson: i Poeti dell’Infinito

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