Da quando venne al mondo (il 1^ giugno 1926 a Los Angeles), Marilyn Monroe – nata Norma Jeane Baker –  non ebbe mai un affetto sicuro, una casa stabile, qualcuno che potesse infonderle amore e la garanzia di un futuro. La madre Gladys era malata di mente ed entrava ed usciva dalla clinica psichiatrica (schizofrenia paranoide la sua patologia); la nonna Della soffriva anch’essa di disturbi psichici, tanto che tentò di soffocare la nipotina con un cuscino (un trauma che Marilyn si portò dietro per tutta la vita).

L’orfanotrofio  dove si ritrovò confinata per anni,  era un luogo triste ed estraneo soprattutto perchè lei sapeva di avere una madre, sebbene malata, e un padre, anche se quest’ultimo non volle mai incontrarla e tantomeno riconoscerla come figlia.

C’era solo zia Grace che si prese cura di lei come una mamma. Grace portava spesso Marilyn al cinema; quel luogo magico dove gli uomini erano affascinanti eroi senza paura e le donne bellissime e coraggiose. Sul grande schermo  l’amore aveva sempre il suo lieto e una bambina abbandonata come lei trovava finalmente uno spazio tutto dedicato ai suoi sogni…

Fu il bisogno di essere accettata ed amata ad alimentare negli anni la sua immensa ambizione di attrice. Il “diventare qualcuno”. Ero programmata per arrivare, disse una volta. E come biasimarla? Non ha usato tutte le carte in regola – troppo il desiderio di imporsi e riscattarsi da una vita emarginata – ma si è fatta amare proprio per questo e più di ogni altra diva. Era una perfezionista di talento, ma insicura patologica, malata di lavoro e mai paga di se stessa.

Studiava di continuo e passava ore al trucco perché non si sentiva mai abbastanza bella…lei, che ancora oggi viene considerata una delle donne più belle del mondo. La sua, è bene ricordarlo, è stata una gavetta durissima. Ha pagato il suo desiderio di arrivare, e la caduta le è stata fatale, ma lei volava già troppo alto. Aveva un’anima autentica, piena di sentimento, ed era destinata al mito. Come una dea.

Gli uomini l’hanno amata, tradita, sfruttata. Forse uccisa. Il primo, suo padre che non la volle riconoscere; il secondo, lo zio adottivo che la molestò, ancora bambina.

Si sposò per la prima volta a 16 anni con un vicino di casa, Jim Dougherty, perché altrimenti, senza una famiglia, sarebbe finita sulla strada. Un matrimonio che si concluse nel momento stesso in cui da Norma Jeane divenne Marilyn Monroe, modella di successo e aspirante attrice. Il secondo marito,  il campione di baseball Joe di Maggio la amò, sinceramente, appassionatamente, ma non la comprese mai davvero. Detestava Hollywood, la gente di spettacolo ed era geloso. Talvolta manesco. Marilyn era una diva nel mondo, non una moglie “angelo del focolare” come lui avrebbe voluto.

Lo scrittore Arthur Miller comprese la sua tristezza dietro l’immagine patinata, il suo talento inespresso e sprecato in film di poco spessore. Vide in lei la possibilità di una vita diversa, che cambiasse in meglio anche la sua. Lasciò moglie e due figli per lei, sposandola e facendone un oggetto di studio per la sua scrittura, ma non la amò abbastanza per resistere al suo “costante ricatto d’amore”. Poi, come sappiamo,  visse una controversa relazione con John Kennedy – il “Mr. President” dei suoi auguri di compleanno entrati nella leggenda – e dicono anche con suo fratello Bob.

Ma nella sua solitudine, costellata da storie senza futuro, Marilyn era sempre più schiava dei barbiturici e dell’alcol; perduta nei suoi demoni infantili e incapace di sopportare quel bisogno d’amore mai appagato fin dalla nascita. A tenerla in ostaggio con tutte le sue dipendenze, era quella donna bellissima dai capelli biondo platino che, dopo notti insonni e pieni di incubi,  ritrovava allo specchio…

…una donna che non era lei. Ma una sua invenzione di se stessa. Marilyn Monroe. La diva costruita con audacia e determinazione che riscattava la timida orfana Norma Jeane da un destino anonimo, facendola amare dal mondo intero.

Ma quello che il mondo amava era un’immagine, mentre in lei c’era molto di più: un’anima luminosa e poetica, che si spense come “una candela nel vento” nel buio di una stanza spoglia e senza quadri…

…oggi, nel giorno del suo 93esimo compleanno, vorrei ricordare Norma Jeane/Marilyn, la cui bellezza splendente – e dolente – continua a rifulgere come una stella in un mondo nostalgico e sempre più povero di sogni.

A Norma Jeane che divenne Marilyn
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